Economia e finanza
Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito.
Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). La formula “
bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città. Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora.
Interesse semplice e composto
Nella vita di tutti i giorni si sente spesso parlare di interessi, percentuali, rendimenti ecc., ma spesso non si pone abbastanza attenzione a capire se quello che ci stanno offrendo sia un tasso di interesse semplice o composto.
Ma che differenza c’è? Vediamo insieme.
L’interesse viene detto semplice quando è proporzionale al capitale e al tempo. Ovvero gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (capitalizzazione) e, quindi, non maturano a loro volta interessi.
L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovvero anche l’interesse produce interesse.
Fin qui tutto chiaro, ma la maggior parte di noi non riesce a calcolare a mente l’interesse composto di un investimento e tende suo malgrado a trattarlo come semplice.
Facciamo un esempio di interesse semplice ed interesse composto e vediamo cosa cambia:
Capitale iniziale: 100.000 € durata – 10 anni – interesse 5%
INTERESSE SEMLICE
- 1o anno: 100.000+5%= 105.000
- 2o anno: 100.000+5%= 105.000
- 3° anno: 100.000+5%= 105.000
- 4° anno: 100.000+5%= 105.000
- 5° anno: 100.000+5%= 105.000
- 6° anno: 100.000+5%= 105.000
- 7° anno: 100.000+5%= 105.000
- 8° anno: 100.000+5%= 105.000
- 9° anno: 100.000+5%= 105.000
- 10° anno: 100.000+5%= 105.000
INTERESSI TOTALI = 50.000 €
INTERESSE COMPOSTO
- 1° anno: 100.000+5%= 105.000
- 2° anno: 105.000+5%= 110.250
- 3° anno: 110.250+5%= 115.762,50
- 4° anno: 115.762.50+5%= 121.550,62
- 5° anno: 121.550,62+5%= 127.628,16
- 6° anno: 127.628,16+5%= 134.009,56
- 7° anno: 134.009,56+5%= 140.710,04
- 8° anno: 140.710,04+5%= 147.745,54
- 9° anno: 147.745,54+5%= 155.132,82
- 10° anno: 155.132,82+5%= 162.889,46
INTERESSI TOTALI = 62.889,46 €
Come si può notare, nel medesimo orizzonte temporale di 10 anni e allo stesso saggio del 5%, l’interesse semplice ha prodotto 50.000 € di plusvalenza, mentre quello composto ben 62.889,46 €, cioè 12.889,46 € in più.
Inoltre bisogna tener conto anche del tasso d’interesse reale, che è depurato dell’inflazione: infatti quando il tasso di inflazione sale e il tasso nominale di interesse è basso, è possibile che il tasso di interesse reale sia negativo. Chi percepisce il tasso di interesse rischia di credere di incassare un reddito positivo, che in realtà, tenuto conto dell’inflazione, è negativo.
Consiglio: affidatevi ad un professionista che può spiegarvi queste cose e, dopo un’analisi della vostra situazione finanziaria, sarà in grado di coniugare le vostre esigenze con gli strumenti più appropriati.
Come diversificare gli investimenti
Un buon portafoglio investimenti diversificato è un modo per raggiungere i propri obiettivi finanziari, riducendo al minimo il rischio, in un determinato arco di tempo. Vediamo come fare!
DIVERSIFICARE SIGNIFICA VARIARE. Un buon portafoglio investimenti diversificato è un modo per raggiungere i propri obiettivi finanziari, riducendo al minimo il rischio, in un determinato arco di tempo.
LA DIVERSIFICAZIONE aumenta inoltre la probabilità di beneficiare di un flusso costante di reddito. Questo può essere particolarmente importante se si hanno obiettivi a breve termine ( il pagamento delle tasse per l’istruzione universitaria di vostro figlio, ad esempio).
LO SCOPO DI DIVERSIFICARE è quello di evitare che un cattivo investimento spazzi via gran parte (o la totalità) del patrimonio di un investitore, ripartendo il proprio portafoglio in azioni, obbligazioni e liquidità. All’interno di queste classi, gli investimenti possono essere ulteriormente diversificati. Le azioni, ad esempio, possono essere acquistate in diversi settori di mercato mentre le obbligazioni si possono diversificare per qualità creditizia e scadenza. Le liquidità, invece, continueranno a garantire un piccolo tasso di interesse durante i periodi in cui il valore di altri investimenti sta scendendo.
UN PORTAFOGLIO DIVERSIFICATO di solito comprende gli investimenti in titoli a breve termine che pagano dividendi, titoli di stato, fondi comuni di investimento e depositi a termine, in una percentuale variabile in base alla necessità di investimento individuale. Ogni portafoglio diversificato infatti, varia a seconda delle esigenze e preferenze degli investitori.
GLI INVESTITORI hanno la tendenza a comprare gli investimenti che, al momento, registrano le perfomance migliori. Questo porta alla mancanza di diversificazione. Se, ad esempio, i titoli tecnologici si stanno comportando particolarmente bene, l’investitore potrebbe trovarsi con un portafoglio “di nicchia” e molto settoriale che rischia di precipitare tutto insieme, in un colpo solo.
O ANCORA, se i mercati azionari stanno andando male, l’investitore che tende a focalizzarsi sulle obbligazioni, rischia di perdere ottime opportunità di guadagno nel momento in cui le azioni iniziano nuovamente a salire.
PER QUESTO GLI INVESTITORI devono prendere una decisione consapevole: diversificare il proprio portafoglio e mantenere o aumentare l’investimento nei settori underperforming.
A TAL FINE, è fondamentale determinare i propri obiettivi di investimento e mettere a punto strategie di mirate, capaci di soddisfare le proprie esigenze. A questo punto è necessario individuare le fonti che permetteranno di raggiungere gli obiettivi individuali.
IL PASSO SUCCESSIVO è la costruzione di un portafoglio diversificato. Gli investimenti vanno fatti in modo appropriato, utilizzando una società di brokeraggio o contattando un agente di cambio. In alternativa, è possibile creare e gestire il proprio portafoglio autonomamente tenendo d’occhio i diversi settori di mercato e il comportamento delle singole imprese all’interno di tali segmenti.
DA QUI, si procede allo sviluppo del proprio portafoglio, tenendo traccia delle prestazioni per assicurarsi che soddisfino le esigenze e gli obiettivi prefissi, apportando, laddove necessario, modifiche agli investimenti.
SAPPIATE che l’ampiezza del vostro portafoglio di investimenti incide sulla sua vulnerabilità ed esposizione agli alti e bassi dei mercati, delle singole imprese o dei settori. E’ preferibile prendere in considerazione i fondi comuni di investimento, se non si ha tempo o si dispone di poco denaro da investire in una vasta combinazione di singoli titoli.
Da ProfessioneFinanza
Ecco il modo per guadagnare con la crisi
Salvare il patrimonio dall’eurocrisi è la sfida più difficile per ogni risparmiatore. Per aiutare i lettori a orientarsi il Giornale ha interpellato due esperti nella movimentazione dei portafogli titoli. Armando Carcaterra, direttore investimenti della società di gestione Anima (tra i leader in Italia), ha suggerito come impostare il proprio portafoglio nell’arco di 12 mesi, mentre Corrado Caironi, stratega di R&Ca-ricercaefinanza.it (ed ex numero uno in Italia dei colossi americani BlackRock e Merrill Lynch), ha ipotizzato uno scenario per ottenere un rendimento nei prossimi 6 e 18 mesi.
Per entrambi la parola d’ordine è «prudenza». Se il mercato si riprenderà, si potranno ottenere rendimenti fino al 7%, ma se le incertezze della zona euro dovessero persistere, è meglio privilegiare la liquidità in tutte le sue forme: Bot, conti di deposito e anche «pronti contro termine».
Per cogliere tutte le opzioni possibili, anche dal punto di vista valutario, è comunque meglio affidarsi ai fondi sia che investano in obbligazioni sia che puntino sulle azioni. In questo modo si riducono i rischi legati alle strategie «fai-da-te».
6 mesi La parola d’ordine è liquidità: dai conti di deposito anche il 3%
Difendere il proprio patrimonio e cercare un rendimento soddisfacente in un orizzonte di breve termine come quello a sei mesi è una sfida interessante. Soprattutto perché i mercati in quest’ultimo periodo ci hanno abituati a turbolenze spesso inaspettate con una sequela di rialzi e ribassi di difficile lettura.
Ecco perché se non si è disposti a rischiare, ma si è soprattutto intenzionati a proteggere dai rischi i propri risparmi, la parola d’ordine è liquidità. Se il capitale disponibile si aggira intorno ai 10mila euro o poco più,ovviamente,l’unica possibilità è comperare i «pronti contro termine» (un prestito di titoli a breve scadenza che le banche remunerano generalmente al 2,5% netto su scadenze semestrali).
Se, invece, la disponibilità è più elevata, si può aprire il proprio portafoglio a un ventaglio di opportunità, cioè si può differenziare. Per chi ha un atteggiamento conservativo sei mesi non sono il termine ideale per esporsi ai mercati azionari, dunque il proprio tesoretto può essere dislocato come segue. Il 10% può essere investito in fondi specializzati in titoli di Stato dell’area euro a breve termine (il rendimento è basso perché questi prodotti ovviamente puntano sulla sicurezza tedesca più che sul rendimento italiano). Un 25% invece può essere accantonato nei conti di deposito (i depositi vincolati ai quali viene applicato un tasso vantaggioso) come quelli di Banca Mediolanum, CheBanca! e Conto Arancio. A sei mesi si riescono a spuntare rendimenti fino al 3 per cento. Il 45% può essere investito sui fondi obbligazionari governativi dell’area euro a medio termine, mentre il restante 20% in fondi obbligazionari globali (cioè che investono in tutto il mondo) specializzato nel settore industriale e in titoli ad alto rendimento. Questo paniere può rendere fino al 4% netto se la situazione di incertezza perdurerà. Se l’impostazione del mercato dovesse migliorare si potrebbe comunque ottenere un 2,5% netto.
Chi ama le scommesse, invece, può replicare il portafoglio prudente con una piccola variante.Anziché puntare il 45%sulle obbligazioni statali dell’area euro a medio termine, si riduce questa componente al 30% utilizzando il residuo 15% per investire su un fondo azionario globale incentrato sulle azioni dei Paesi sviluppati che garantiscono elevati dividendi. In questo modo si dovrebbe riuscire a strappare un rendimento del 4,5% netto che può arrivare fino al 5%, se i mercati dovessero orientarsi positivamente. Si tratta, comunque, di una buona performance tenuto conto del nervosismo delle Borse.
12 mesi Un mix bilanciato di fondi in attesa che passi la bufera
Un portafoglio per stare tranquilli nei prossimi dodici mesi. Avere un po’ di pazienza in più, in questo caso, potrebbe consentirci di approfittare della svolta decisiva dei mercati, ormai attesa da molti mesi. Se la Bce e il Fondo salva-Stati scrivessero la parola «fine» alle speculazioni nei confronti della moneta unica con interventi a sostegno dei Paesi più in difficoltà, le prospettive sarebbero positive.
Ecco, dunque, come prepararsi al bel tempo sulle piazze finanziarie. Se la propensione al rischio è bassa e si bada soprattutto al capitale, il primo pensiero deve essere la liquidità. In questo caso, un 20% investito in un Bot annuale dovrebbe garantire un rendimento lordo del 2% circa. Un altro 12% dovrebbe essere allocato su un fondo obbligazionario che investa in titoli di Stato italiani in modo da garantirsi dei buoni rendimenti, mentre un 8%su un fondo obbligazionario dell’area euro per stare sicuri. Un altro 20% andrebbe stanziato per acquistare quote di un fondo obbligazionario dedicato alle società industriali e finanziarie dell’Eurozona (rendimenti attorno al 5%). Mentre un altro 20% dovrebbe essere ripartito tra un fondo obbligazionario dedicato alle società industriali dei Paesi sviluppati e un altro dedicato ai bond industriali e finanziari dei Paesi emergenti.Quest’ultima miscela dovrebbe strappare un altro 3%di rendimento.L’ultimo 20%a nostra disposizione può essere investito sui fondi azionari. Anche in questo caso diversificare è importante, perciò meglio mettere il 10%su un azionario europeo e l’altro 10% su un azionario internazionale. Secondo stime prudenti, in un contesto positivo, gli azionari potrebbero portarci un 10% netto spingendo il rendimento del nostro portafoglio vicino al 4,5% (3% se invece i mercati dovessero invece impostarsi negativamente).
Il risparmiatore che ama la scommessa e, dunque, non teme le incertezze dei mercati azionari può modificare il paniere raddoppiando la quota di fondi azionari in portafoglio al 40% (20% area euro e 20% globale). Il restante 60%, perciò, dovrà essere rimodulato secondo la ripartizione esposta sopra. Il 15% dedicato al Bot annuale, il 15% ripartito tra l’obbligazionario di Stato italiano (9%) e quello dell’area euro (6%), il 15% dedicato ai bond societari europei e il 15% per quelli dei gruppi internazionali (7,5% Paesi sviluppati e 7,5% Paesi emergenti). In questo modo il rendimento netto può arrivare fino al 6% se i mercati dovessero impostarsi positivamente. In caso contrario, la componente obbligazionaria e di liquidità (nonché la diversificazione valutaria) dovrebbero garantire circa il 4 per cento.
18 mesi Giocare la carta dei «future» per aumentare i rendimenti
Guadagnare e mettere i risparmi al sicuro in un arco di 18 mesi segna una profonda differenza tra i profili degli investitori. Chi ha una propensione bassa al rischio, infatti, resterà lontano dalle azioni e beneficerà indirettamente di eventuali rialzi. Chi, invece, ha la passione per la Borsa, deve garantirsi un rendimento superiore a quello che conseguirebbe se parcheggiasse la sua liquidità in un Btp. Più si allungano le scadenze, infatti, più il fattore-rendimento è decisivo per chi vuole scommettere. Ma andiamo con ordine. L’investitore con una bassa propensione al rischio può mantenere sempre il 25% nei conti di deposito (in questo caso il rendimento netto si manterrà quasi sempre al di sopra del 3,5% visto il vincolo più lungo), mentre il 10% resterà sempre investito su fondi dedicati ai titoli di Stato a breve termine dell’area euro.
La componente in fondi obbligazionari a medio termine dovrebbe essere impostata sul 30%, mentre lo spazio per i fondi globali dedicati alle obbligazioni societarie ad alto rendimento dovrebbe attestarsi sul 35 per cento.
Questo mix differente dovrebbe consentire il raggiungimentodi un rendimento netto del 4,5%, sia nel caso i mercati restino nervosi sia che si avviino sulla strada del rialzo.
Discorso molto diverso per chi, invece, è disposto ad azzardare. Innanzitutto il 50% va messo al riparo tramite un 10% di liquidità (conti di deposito)e un 40%di fondi obbligazionari dell’area euro. Il restante 50% si può ripartire tra un 25% di fondi obbligazionari globali dedicati alle società ad alto rendimento ( quelle con la cedola più elevata), un 15% dedicato a un fondo azionario globale composto da titoli che staccano un elevato dividendo e un 10% con un fondo azionario che punta sui Paesi emergenti (Brasile, Russia, India e Cina in primis). Questa soluzione, se il mercato riparte, può garantire fino al 7% netto.
Ma se le Borse dovessero continuare a essere preda dell’incertezza,il rendimento può scendere fino al 5-5,5 per cento. Come detto in precedenza, questa redditività non è molto premiante rispetto a quella garantita dal portafoglio conservativo. Ecco perché gli investitori più esperti hanno una carta per «pompare» il rendimento: i future, ossia i contratti per comprare (call) o vendere (put) a una determinata scadenza un determinato titolo.
Se si è ottimisti si può usare il 10%di liquidità come garanzia per acquistare una call sull’indice azionario globale Msci World.
Se il mercato salirà,il nostro portafoglio sarà trascinato ancor più all’insù dal future. I pessimisti, invece, possono comprare una put per limitare i danni in caso di ribassi.
Da Il Giornale
Contanti o bancomat?
Pagamento in contanti o pagamento con la carta di credito? Sempre meno rischioso l’utilizzo di queste ultime. Italiani convertiti, dolenti o nolenti, alle carte di pagamento!
Pagamento in contanti non così sicuro come il pagamento con carta di credito, bancomat e carte di pagamento in generale. A rilevarlo l’annuale “Rapporto statistico sulle frodi con le carte di pagamento” elaborato dal Dipartimento del Tesoro, secondo cui nel 2011 il pagamento con carta di credito e carte di pagamento in generale è diventato sempre più sicuro.
Pagamento in contanti e tracciabilità pagamento
Una notizia questa che avalla la novità introdotta riguardante la tracciabilità dei pagamenti, uno dei cavalli di battaglia del Governo Monti per la lotta all’evasione fiscale. Tracciabilità pagamenti che si è tradotta nell’introduzione di un limite al pagamento in contanti della soglia di 1000 euro.
Carte di pagamento più sicure dei contanti
In merito alla maggiore sicurezza nel pagamento con la carta di credito, bancomat e carte di pagamento in genere che si sta registrando, soppiantando sempre di più l’uso del pagamento in contanti, Giuseppe Maresca, Direttore per la prevenzione dei reati finanziari presso il Dipartimento del Tesoro, ha sottolineato che “L’Italia è ancora il popolo del bancomat, che usa la carta più per prelevare contante che come normale mezzo di pagamento alternativo al contante. Eppure in Italia l’utilizzo della carta risulta più sicuro che in altri paesi e anche quest’anno” – continua il Direttore Maresca, – con il Rapporto annuale abbiamo fatto un confronto con altri paesi ed è emerso come, a parità di transazioni, la Francia e la Gran Bretagna, ad esempio, subiscano più del doppio delle perdite rispetto all’Italia, con un’altra grande differenza: in Italia le frodi più numerose riguardano transazioni con l’estero, mentre in questi paesi il fenomeno appare più nazionale. Rispetto ai canali utilizzati, quello Internet risulta in crescita nel 2011 rispetto agli altri due presi in esame – Prelievi ATM e POS – che risultano comunque ancora i canali più diffusi di utilizzo delle carte con, di conseguenza, un’incidenza maggiore del tasso di frodi. All’interno del canale Internet, è in particolare nelle transazioni con l’estero che il fenomeno delle frodi cresce maggiormente nel 2011, soprattutto in relazione alla categoria merceologica delle “Leisure activities” e con una forte concentrazione nella sotto-categoria del “Betting/Casino Gambling”, in pratica i siti esteri di gioco e scommesse online.
Pagamento in contanti sempre meno sicuro
Nel Rapporto statistico sulle frodi con le carte di pagamento, l’Italia si è dimostrato il paese con meno incidenza di frodi nell’utilizzo delle carte di pagamento per effettuare transazioni, rispetto ai paesi d’Europa. Un netto calo delle frodi cominciato già lo scorso anno che porta, in nome della tracciabilità pagamenti, al declino inesorabile, tanto voluto dal Governo tecnico, del pagamento in contanti e uno sviluppo costante dell’utilizzo del pagamento con la carta di credito e con le carte di pagamento in generale. Italiani avvisati: la conversione alle carte di pagamento pare d’obbligo.
Da InvestireOggi
Cos’è la diversificazione
In economia finanziaria, la diversificazione di un portafoglio di titoli consiste in una riduzione della rischiosità del suo rendimento, legata alla presenza di più attività finanziarie, i cui rendimenti non sono perfettamente correlati, all’interno del portafoglio stesso. In pratica, dato che i rendimenti di investimenti diversi non sono quasi mai correlati, si opera sul portafoglio aggiungendovi una vasta gamma di titoli con scadenza diversa che consentono di frazionare il rischio complessivo dell’operazione. Questo consente agli intermediari di prevedere con maggiore precisione l’esito dell’investimento, quindi valutarne rischio e rendimento, così da mantenerele promesse fatte ai fornitori di fondi.
I VANTAGGI
Nella pratica, i benefici della diversificazione in termini di riduzione del rischio di portafoglio giustificano l’esistenza di istituzioni quali i fondi comuni di investimento, e di strumenti finanziari come gli exchange-traded funds (ETF). Entrambi consentono infatti a un investitore di acquisire direttamente un portafoglio altamente diversificato, senza incorrere negli elevati costi di transazione e di raccolta di informazioni che comporterebbe investire in una serie di attività finanziarie individuali.
Definizione tratta da Wikipedia
L’uscita della Grecia dall’euro è possibile
Appena pochi mesi fa tutti rumors sull’ipotesi di un’uscita della Grecia dall’Euro venivano immediatamente bollati come privi di fondamento. Lo stesso rischio che Atene dovesse abbandonare l’area euro veniva visto come una sorta di bestemmia che non doveva essere neppure pronunciata. Con il progressivo allargamento della crisi del debito agli altri paesi periferici, in primis la Spagna, l’approccio sulla questione Grecia è completamente cambiato e Atene inizia ad essere vista come una pedina che, viste le sue esigue dimensioni, può essere tranquillamente sacrificata.
E’ proprio questo che sembrano lasciar intendere le parole del vice cancelliere tedesco, Philipp Rösler, leader del partito liberale e alleato della cancelliera Merkel. In un’intervista rilasciata alla tv Rösler ha affermato che la Grecia con tutta probabilità non sarà in grado di adempiere alle condizioni imposte dalla Troika e che quindi l’Fmi, come già riportato da una esclusiva del Der Spiegel, e la stessa Ue sospenderanno la concessione degli aiuti. A quel punto il destino di Atene sarà inevitabile e l’ex culla della civiltà dovrà abbandonare l’Euro. Un scenario questo che non sembrerebbe poi far più di tanto paura al vice cancelliere tedesco, le cui posizioni in materia economia non sempre comunque sono risultate in linea con i i programmi del governo di Angela Merkel. Secondo Rosler l’uscita della Grecia dall’Euro non è solo scontata ma non fa più paura.
OBIETTIVI IMPOSSIBILI DA RAGGIUNGERE
La prese di posizione del politico tedesco conferma le indiscrezioni recentemente pubblicate sul Der Spiegel. Secondo il prestigioso giornale tedesco l’Fmi avrebbe già informato l’Ue di non essere più intenzionato a staccare assegni a favore della Grecia, poichè Atene non sarà in grado di ridurre il debito pubblico al 120% del Pil entro il 2020. L’impossibilità di raggiungere questo target porterebbe inevitabilmente a una necessaria nuova iniezione di liquidità, la quale a sua volte non avrebbe però l’appoggio nè dei paesi europei nè tantomeno dell’Fmi. Da questo punto di vista quindi, secondo il Der Spiegel, il destino di Atene sembra essere scontato, anche perchè l’Europa considera controllabile l’abbandono dell’Euro da parte della Grecia. Sui tempi di questo esito inevitabile, il quotidiano tedesco afferma che è molto probabile che si attenda l’entrata in funzione dell’Esm per poter in questo modo ridurre il rischio contagio.
Enzo Lecci da InvestireOggi
Fiscal compact: questo sconosciuto

Per avere una dimensione di paragone, la spending rewiew di cui tanto si parla incide per appena 29 miliardi in tre anni, meno di 10 miliardi l’anno.O, in altri termini, si può dire che per rispettare il fiscal compact lo Stato toglierà agli italiani circa il 3% della ricchezza generata ogni anno.
Con quali effetti? L’esperienza degli ultimi venti anni è significativa, nonostante l’avanzo primario sia stato costantemente positivo fino al 2009, il debito si è ridotto di 20 punti in quattordici anni, dal picco del 1995 fino 2008. Questo continuo sottrarre risorse all’economia, unito agli effetti negativi dell’ingresso nell’euro (sia pur bilanciato da minori spese per il debito), non è stato indolore: la crescita negli anni 2000, quelli in cui peraltro l’avanzo primario è stato minore (mediamente il 2% all’anno) ha portato ad una stagnazione, con tassi di crescita reali decisamente bassi, mediamente l’1% fino alla crisi.
E’ facile immaginare quindi che un consolidamento fiscale che cercasse di raggiungere in venti anni un abbattimento del 66% di debito pubblico sul Pil sarebbe ancor più depressivo. E meno dell’1% cosa c’è? Ovviamente zero. O ancor meno, con il risultato che però, negli anni in cui la crescita dovesse essere negativa, il rapporto aumenterebbe e, come Sisifo, torneremmo a riscalare la montagna. Come del resto stiamo facendo proprio ora. Il tutto nell’ipotesi che i tassi di interesse scendano ai livelli degli anni 2000, cosa che probabilmente non avverrà mai, vista la crisi dei debiti sovrani.
Ma la diminuzione del debito pubblico sulla base di una crescente sottrazione di risorse può avere un effetto ancor più traumatico. Quando il debito pubblico scende perché diminuisce la spesa pubblica, infatti, è molto probabile che quello privato salga. Il motivo è che l’austerità costringe imprese e famiglie ad indebitarsi, spesso anche solo per mantenersi. E cosa succede quando il debito privato cresce? La Spagna e l’Irlanda ci dicono molto sugli effetti perversi di questa politica e di come in un paio d’anni si può far schizzare nuovamente su il debito pubblico anche di 70 punti.
Ieri il parlamento ha messo un’ipoteca sul futuro del paese, che il paese potrebbe pagare molto cara.
Da: Investire Oggi
Come funzionano i BTP?
Osservando i 65 BTp quotati sul mercato telematico di Piazza Affari, non è semplice districarsi tra le voci che li accompagnano: cedola, prezzo, rendimento netto. Alcuni titoli hanno cedole del 2% ma offrono un rendimento netto superiore a quello di titoli con cedole del 3%. Come mai? E poi ci sono titoli con scadenze più lontane che rendono meno di titoli che maturano qualche mese, se non anno, prima. (guarda la lista dei rendimenti)
Cerchiamo di fare chiarezza.
Il valore della cedola corrisponde al tasso di interesse che viene pagato periodicamente (solitamente con scadenza annuale o semestrale) dal Tesoro ai titoli dei BTp (ci sono titoli come i BoT o i CTz che non prevedono lo stacco di cedole). Esso viene deciso in sede di collocamento del titolo all’asta, o mercato primario. Dopodiché, fino alla scadenza il valore della cedola resta immutato. C’è poi un’altra categoria di BTp, i cosiddetti BTPi, che sono legati all’andamento dell’inflazione europea. In questo caso il meccanismo di calcolo prevede che al valore della cedola si aggiunga anche il tasso di inflazione maturato nel periodo a cui fanno riferimento gli interessi. Un caso a parte è rappresentato dal BTp Italia, un nuovo prodotto ideato dal Tesoro e piazzato in due collegamenti: in autunno 2011 e a giugno 2012. In questo caso questi titoli (che hanno una durata quadriennale) sono indicizzati all’inflazione italiana (e non europea). In questo momento il tasso italiano è del 3,2%, superiore a quello europeo.
Oltre alla cedola bisogna considerare il prezzo del titolo che riflette la logica della domanda e dell’offerta su un titolo e pertanto tende ad oscillare, anche di molto nelle fasi più turbolente. Da dicembre 2011 a febbraio 2012, ad esempio, i prezzi di alcuni BTp sono saliti del 15%, così come erano scesi di molto tra settembre e dicembre 2011. Il prezzo funge anche da meccanismo regolatore per efficientare i rendimenti complessivi offerti da titoli di Stato simili ma quotati con cedole differenti. Solitamente un titolo viene collocato al prezzo lordo di 100, che viene poi nettizzato sottraendo le commissioni. Il prezzo di rimborso è 100. Quindi, se in una certa fase un BTp quota 80, chi aspetta la naturale scadenza ha diritto a ricevere il rimborso al prezzo di 100. Questo spiega anche perché man mano che un titolo si avvicina alla scadenza il suo prezzo si avvicina al valore di rimborso (100).
Quindi i rendimenti derivano dalla somma tra il valore della cedola e la differenza tra il prezzo di rimborso e il prezzo di mercato. Per i titoli indicizzati all’inflazione bisogna anche aggiungere il tasso di inflazione atteso nel periodo residuo di vita del BTp. Ecco perché nella voce rendimento c’è anche un margine di aleatorietà. A ciò va aggiunto che il tasso di rendimento interno prevede anche che gli interessi che maturano sul titolo vengono reinvestiti, il che complica ulteriormente l’analisi e la confrontabilità di più BTp sulla base del valore del rendimento che si evince nei listini telematici e che molti risparmiatori utilizzano come parametro di riferimento per scegliere un BTp piuttosto che un altro.
di Vito Lops – Il Sole 24 Ore
Prelevare denaro con il cellulare
La tecnologia sta facendo passi da gigante in tutti i settori, anche quello bancario. Chi non si adeguerà velocemente resterà fuori mercato, proprio perchè non è più l’azienda ad offrire ma è il consumatore a chiedere determinati servizi, più economici, veloci e comodi.
COME FUNZIONA
Gli utenti avranno la possibilità di autenticarsi tramite un’applicazione di mobile banking e prenotare una transazione, da qualsiasi smartphone iOS o Android, attivando la funzione NCR Mobile Cash Withdrawal incorporata. Il consumatore seleziona anticipatamente la somma di denaro che desidera prelevare e una volta di fronte allo sportello automatico, potrà eseguire la scansione del codice a barre 2D sullo schermo dell’ATM e vedersi consegnare la somma prenotata.
La soluzione non richiede nessuna installazione di hardware aggiuntivo sullo sportello automatico: basta effettuare un semplice aggiornamento del software, dando così vita ad una soluzione multicanale poco costosa per gli istituti bancari.
L’applicazione “NCR Mobile Cash Withdrawal” rende di fatto più rapide e sicure le transazioni agli sportelli ATM, eliminando la necessità di avere con sè carte magnetiche ed inserire il proprio PIN nel bancomat. L’operazione di ritiro del denaro è estremamente rapida e può durare meno di dieci secondi.
Mobile Cash Withdrawal rappresenta un approccio molto sicuro alle tradizionali transazioni presso ATM effettuate con carta: la sicurezza è garantita dal fatto che i dati del cliente non vengono memorizzati sul dispositivo mobile né, tantomeno, viene tenuta traccia del codice a barre 2D che compare sul video dello sportello bancomat. La scansione del codice a barre serve solo ad identificare lo sportello utilizzato e attiva il completamento della transazione. L’impiego di un dispositivo mobile elimina, inoltre, il rischio della manomissione degli sportelli automatici da parte dei criminali con dispositivi per la cattura dei dati, definiti skimmer.
“Viviamo in un mondo mobile in cui il consumatore si aspetta di poter gestire qualsiasi transazione utilizzando i mezzi più diversi. NCR è da sempre pioniere in una varietà di ambienti multicanale, a partire dall’utilizzo del cellulare come carta d’imbarco da utilizzare per i controlli di sicurezza”, ha commentato Giovanni Bandi, Amministratore Delegato di NCR in Italia. “NCR Mobile Cash Withdrawal aiuterà gli istituti finanziari a soddisfare le esigenze dei propri clienti nel canale mobile proponendo un’esperienza convergente, più rapida e al tempo stesso differenziata”.
La soluzione offerta da NCR, sempre innovativa con i suoi progetti, produce, a fine transazione, una ricevuta elettronica integrata che viene trasferita all’applicazione dell’utente eliminando la necessità di averne una copia cartacea e permettendone l’archiviazione sul proprio dispositivo per poterla consultare in un momento successivo.
Il software di NCR sarà reso disponibile entro la fine dell’anno per integrazioni sulle piattaforme software APTRA ATM di NCR. Le banche clienti potranno utilizzare una propria applicazione mobile per il ritiro di contanti, oppure sarà NCR stessa ad integrare la soluzione nel sistema di mobile banking dell’istituto bancario che aderisce al progetto.
Enrico Vignali di www.onbanca.it